Adamo C.
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La tomba del pellegrino in contrada Sant'Angelo di Roccamontepiano é stata scoperta nel settembre del 2011 ed é stata datata dalla Soprintendenza come sepoltura di un giovane Pellegrino tra il IX° e il XIV° Secolo.
Roccamontepiano é attestato come luogo di antichi culti.
Così un terreno abbandonato da alcuni anni, con diversi alberi d'ulivo, hanno conservato per secoli i resti mortali degli abitanti di “Castello Sant'Angeli”, uno dei quattro feudi presenti sul territorio di Roccamontepiano tra il IX° e XIV° secolo. Già lo stesso toponimo Sant'Angelo permette agli storici di ricollegare l'intera area sorgentifera dell'omonimo torrente della Vesola (affluente del Fiume Foro), quale il sito del castello e abitato sorto a corona di Montepiano già nel periodo Alto Medievale. Gli abitati dell'epoca, a cui si deve la loro nascita grazie all'espansione monastica benedettina sulla Majella, facevano parte delle reti tratturali medievali che portavano migliaia di persone a dirigersi verso Roma e la tomba degli Apostoli Pietro e Paolo. Sono tanti i documenti e le pergamene conservate a Montecassino che attestano la presenza di monasteri e feudi attorno al costone roccioso e fertile di Montepiano come il monastero di San Pietro (oggi rudere e sito archeologico), il feudo di Pomaro e quello dell'Arcangelo Michele, per il tramite della vicina e potente Badia benedettina di San Liberatore a Majella.
Il culto verso San Michele si espande su tutto il versante adriatico partendo dal Gargano, con la grotta-santuario dell'Arcangelo e sostituisce in parte il culto molto più arcaico di Ercole nell'epoca preromana e romana. Gli antropologi sono concordi nel ritenere che il culto di San Michele si diffonde in località in cui sono presenti le grotte e al cui interno vi sono sorgenti di acqua. Essi rappresentano, da sempre, santuari naturali per la forte evocazione sacrale dell'acqua come fonte di vita e prosperità nonché dono delle divinità. Roccamontepiano, anche nell'antichità, è sempre stato luogo di santuari per la presenza consolidata di tutti questi elementi, basta ricordare la forte devozione verso la grotta e sorgente di San Rocco, la grotta di San Giovanni, la sorgente del Beato Tommaso di Roccamontepiano e la fonte della Madonna delle Grazie.
All’epoca il Sindaco Adamo Carulli e le autorità competenti con i Carabiniere della Stazione Casalincontrada e i tecnici del Comune hanno avvisato la Soprintendenza Archeologica Chieti nella persona della Dott.ssa Sandra La Penna che, recatasi con i propri tecnici, hanno rinvenuto la tomba intatta databile nell'epoca tardo medievale. Sul luogo è intervenuta anche la Dott.ssa Daniela Bianco, archeologa di fiducia del Comune che ha effettuato già campagne di scavi nel sito archeologico del Monastero di San Pietro per conto dell'amministrazione civica. Dopo i rilievi scientifici si è provveduto a rimuovere le due lastre di pietra locale che chiudevano a cassa l'inumato.
Con grande meraviglia dei presenti si è capito, fin da subito, si trattasse di un giovane maschio in fase adolescenziale dell'altezza di un metro e mezzo dell'età compresa tra i 15-17 anni. Ma la scoperta più interessante è stata data dal fatto che nella tomba era stato deposto con una grossa conchiglia di mare forata nella parte della cerniera. Insomma il ragazzo aveva come corredo funebre un “Pecten iacobaeus” volgarmente noto come Capasanta o conchiglia di San Giacomo. Essa era, per i pellegrini, lo strumento per bere usato durante il loro cammino e i due fori sulla parte della cerniera non lasciano dubbi sull'identità approssimativa del ragazzo. La stessa statua di San Rocco, nel vicino e venerato santuario roccolano, è rappresentata con due conchiglie sul petto.
Roccamontepiano si attesta così come percorso devozionale di culti e riti antichissimi. Tappa fondamentale di arrivo ma anche di passaggio verso i luoghi santi..